La comune definizione di acqua termale include le acque caratterizzate da uno stato termico medio annuo superiore di almeno 4°C rispetto alla temperatura media dell'aria e di 2°C rispetto a quella media del suolo.
Esse posseggono generalmente un grado di mineralizzazione più o meno elevato ed una composizione chimica costante con prevalenza di alcuni composti in quantità tali da renderle farmacologicamente attive. Tra i molteplici criteri classificativi possibili per le acque termali il più immediato è quello basato sulla variabile temperatura che le definisce all'interno di tre categorie: ipotermali (con temperature comprese tra 20°C e 30°C), termali (con temperature comprese tra 30°C e 40°C) ed ipertermali (con temperature superiori a 40°C) (CHETONI, 2000).
Le acque euganee sono ipertermali, con range di temperatura compreso tra 60° C e 86° C e trovano sede in un substrato roccioso fessurato ed in alcuni orizzonti sabbiosi della copertura quaternaria; la loro temperatura tende a diminuire lungo una direttrice che da Abano Terme porta verso Battaglia T. e Galzignano Terme.
Gli studi conclusi nel 1994 (Dal Piaz et. al.) hanno messo in evidenza, soprattutto sulla base dei dati idrogeologici, le zone di risalita principale dei fluidi Euganei che, raggiunto l'acquifero maggiormente "sfruttato, ubicato in prossimità della formazione cretacea del Biancone, si espandono lateralmente alle suddette zone raffreddandosi.
Qualora in queste zone le perforazioni si spingano a profondità consistenti, circa 1.000 metri, si rinvengono, compatibilmente con le caratteristiche strutturali della roccia serbatoio, temperature ancora ragguardevoli indicando che, al di sotto di questa zona definita dalla presenza di fluidi più freddi, esiste la possibilità di accedere a "fluidi primari.
Attualmente le caratteristiche geometriche dell'acquifero euganeo, nei campi termali di Abano, Montegrotto, Battaglia e Galzignano sono ben definite; si stima che tramite indagini geofisiche (sismica a riflessione) sia possibile ricostruire la situazione tridimensionale del serbatoio termale.
Da osservazioni dirette di cantiere durante le fasi di avanzamento in zone produttive è stato possibile verificare, in alcuni casi, la presenza di perdite complete e rapide nei fluidi utilizzati nella perforazione, anche se generalmente esse si presentano di modesta entità e prolungate nel tempo.
Da queste informazioni qualitative è possibile ipotizzare la presenza di una circolazione idrica primaria che si instaura prevalentemente lungo discontinuità e/o condotti più o .meno verticali ed una circolazione secondaria, orizzontale, legata ad una più diffusa fatturazione della roccia serbatoio. Il valore della trasmissività, ossia la conducibilità idraulica valutata sullo spessore dell'acquifero, può variare da 13 a 500 m2/giorno (FABBRI, 1997; SEDEA, 2005).
Nel 1991 la menzionata perforazione geognostica a carotaggio continuo, denominata "APONUS 2 (fig. 10) è stata effettuata fino ad una profondità di 465 metri da piano campagna.
A questo metodo di applicazione diretta sono state associate esplorazioni indirette all'interno del foro (Gamma Ray Log, Sonic Log, Resistivity Log, ecc.) .
Dalle indagini effettuate e dai dati storici delle perforazioni già citate è stata avanzata l'ipotesi della presenza, all'interno del substrato roccioso, di due sequenze idrostratigrafiche con ruolo distinto.
La prima sequenza, posta a maggiore profondità, avente spessore non ancora ben definito e costituita da calcari del Giurassico con famiglie di giunti ad elevata spaziatura che generano blocchi di notevoli dimensioni.
La seconda, meno profonda, identificabile con la già citata formazione del Biancone, è caratterizzata da calcari del Cretaceo con spessore di circa 200-300 metri ed elevata pervasività garantita da una elevato grado e continuità di fatturazione (ANTONELLI, 2003).
Idrogeochimica delle acque Euganee
Le indagini idrogeochimiche, tenuto conto dell'estensione regionale del circuito idrotermale che alimenta i campi Euganei, non potevano limitarsi ad un esame dei soli fluidi termali dei campi geotermici di Abano, Montegrotto, Battaglia e Galzignano, ma dovevano essere estese a tutte le emergenze termicamente anomale presenti nella zona del circuito geotermico.
Fondamentale era lo stabilire se ed in quale misura i diversi fluidi originari si miscelassero tra loro e se la circolazione idrica profonda venisse in contatto con quella più superficiale.
Le prime due campagne di indagini geochimiche effettuate nel 1971 (PICCOLI et. al., 1976) e nel 1984 (DAL PIAZ et. al, 1994) hanno considerato i fluidi circolanti nei Colli Euganei e Berici.
Una prima analisi idrogeochimica ha permesso di discriminare tra le diverse acque; i campioni presi in considerazione comprendevano i fluidi termali e freddi euganei e berici.
Sono stati distinti tre gruppi (Fig.11):
- Un secondo gruppo di acque è rappresentato dalle sorgenti beriche le cui acque sono definibili essenzialmente di tipo solfato calcico.
- Infine, un terzo gruppo, rappresentato dalle acque di Abano Terme, Montegrotto Terme e Battaglia-Galzignano Terme, che, su base prettamente idrogeochimica, sono clorurate alcaline, in particolare clorurato sodiche. Prendendo in considerazione la classica nomenclatura , basata sulla classificazione di Marotta e Sica (1933) ed utilizzata in ambito medico, le acque in esame risultano di tipo salso-bromo-iodiche.
Interessante è notare come all'interno di questo terzo gruppo si possano distinguere tre sub-gruppi basati sulle correlazioni tra temperatura (T) e contenuto totale in solidi disciolti (tds):
- i fluidi di Abano, dotati generalmente di temperature maggiori (72°<T<85°) e salinità maggiori (4.000 ppm<tds<6.000 ppm);
- i fluidi di Montegrotto con temperature intermedie (60°<T<80°) e salinità intermedie (3.500 ppm<tds<5.000 ppm);
- i fluidi di Battaglia-Galzignano con temperature più basse (40°<T<71°) e salinità intermedie (1.400 ppm<tds<2.500 ppm);
Le correlazioni tra T e tds e, in aggiunta, le determinazioni dei rapporti tra Na e Cl, indicano dei fluidi geotermicamente "maturi; acque cioè che hanno circolato per lungo tempo in profondità, ipotesi avvalorata dalle elevate concentrazioni in Na e Cl.
Analisi chimiche eseguite da campionamenti nel 1971 e ripetute sugli stessi pozzi a distanza di 10 e 20 anni, nel 1984 e 1994, non hanno indicato variazioni nei parametri chimici analizzati. I medesimi risultati si sono riscontrati anche nelle analisi chimiche di alcuni pozzi campionati tra il 1996 e il 2005 (fig. 12).
Già a partire dagli anni '70, oltre alle classiche analisi idrogeochimiche si sono effettuate ricerche sugli isotopi stabili dell'ossigeno che hanno posto ad una altitudine di circa 1500 m s.l.m la quota approssimativa di infiltrazione delle acque meteoriche.
Questi risultati, confermati dalle analisi successive effettuate dal 1984 al 1994, rappresentano il fondamento della ipotesi del circuito geotermico e dell'origine meteorica dei fluidi Euganei (PICCOLI et. al., 1976; Dal Piaz et. al.,1994).
Ulteriori analisi effettuate su isotopi radioattivi ( 3H, 14C) indicherebbero tempi di residenza di oltre 60 anni per il tritio. Tempi di permanenza nel sottosuolo ben maggiori, dell'ordine delle decine di migliaia di anni sono ipotizzabili in base ai dati ottenuti con le determinazioni (14C); questo significherebbe che il tempo intercorso tra l'infitrazione delle acque meteoriche nella zona di ricarica e la loro venuta a giorno nella zona euganea potrebbe essere ben maggiore di quanto sino ad oggi ipotizzato.